Nel secondo dopoguerra le relazioni commerciali tra Stati sono state (per lo più) improntate ad alcuni sani principi: equo trattamento, concorrenza leale, divieto di discriminazione e risoluzione pacifica delle controversie, tra gli altri. Ne è emerso un ordine economico internazionale non perfetto ma non di rado ben funzionante, nell’ambito del quale abbiamo assistito a progressi industriali e tecnologici senza precedenti, considerevole aumento della ricchezza, prosperità abbastanza diffusa, e risultati importanti nella lotta alla povertà. Da qualche decennio però il meccanismo appare un po’ inceppato: disuguaglianze in aumento, salari stagnanti, manifattura in declino ed impoverimento del ceto medio sono problemi economici seri e veri, tanto in Europa come negli USA (il resto del mondo ne ha altri, parimenti urgenti).
L’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca -sulla scia del malcontento legato a quei problemi- ha rivoluzionato il vecchio paradigma. Non più sani principi ma guerre commerciali, prima con la Cina ed ora (sembrerebbe) con grossa parte del mondo, Unione Europea e quindi Italia comprese. Le ‘’tariffe’’ elevate a strumento di pressione geopolitica. Come sta e dove va, dunque, l’ordine economico-commerciale internazionale?
In un viaggio lungo nove brevi video-lezioni (una per ogni giornata del Festival 2025), Diplomacy racconta l’universo dei dazi USA prendendola larga ma svelta: con rigore accademico ma taglio divulgativo, la mini-serie ripercorre la storia commerciale degli ultimi dieci anni partendo dai fondamentali economici, racconta l’impatto delle tariffe del Trump prima maniera, ed arriva infine all’attualità geopolitica del secondo mandato presidenziale. Parafrasando Gramsci, il vecchio ordine economico internazionale sembra morire e quello nuovo tarda a comparire. Ma se in questo chiaroscuro sono per ora nati mostri (tariffari), sarebbe davvero un peccato sprecare una crisi.