La possibile triangolazione Washington, Mosca, Damasco, con un’eventuale svolta diplomatica della guerra in Siria ripropone al centro della scena internazionale l’efficacia dell’azione della diplomazia contro l’uso delle armi. Il tema della Soft Power da privilegiare contro l’Hard Power torna prepotentemente di attualità anche dopo le parole di Papa Francesco che ha adombrato le pressioni dei mercanti delle armi sulla decisione di aprire un conflitto.
E sarà proprio la dicotomia Soft Power-Hard Power uno dei temi portanti quest’anno di Diplomacy, il focus internazionale sulla diplomazia, che si svolgerà tra Roma e Spoleto dal 10 al 18 ottobre 2013, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, con la collaborazione della Commissione Europa Rappresentanza in Italia, della Delegazione dell’Unione Europea presso la Santa Sede, del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, dell’Ambasciata Americana, della Regione Umbria, della Camera di Commercio di Roma. La manifestazione, giunta alla sua quarta edizione, rappresenta per gli ambasciatori stranieri presenti in Italia un’occasione unica di confronto su tutti gli eventi che hanno disegnato lo scenario politico 2013: dalla questione della sicurezza dei dati con i casi Snowden e Wikileaks, ai focolai di rivolta nati in Rete, fino al rilancio dell’attività diplomatica vaticana con la nomina del nuovo Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin.
“L’obiettivo che Diplomacy si pone quest’anno – spiega Aurelio Regina, presidente onorario del Comitato Organizzatore – è quello di far luce sull’efficacia oggi delle relazioni internazionali attraverso l’azione diplomatica, caratterizzata da interventi di Soft Power per evitare conflitti tra Paesi, ma anche come Diplomazia ed Economia, debbano sempre rispondere a principi di Responsabilità”. Ed è l’attualità a fornire gli esempi necessari. “Con la crisi siriana e l’epilogo delle primavere arabe – afferma Giorgio Bartolomucci, direttore generale di Diplomacy – lo scacchiere internazionale si fa rovente ed emerge l’esigenza di una diplomazia che torni a ricoprire il ruolo di protagonista nella risoluzione delle controversie internazionali”.