Digital ONE Health

L’approccio one health, rappresenta uno sforzo congiunto di più discipline professionali (medicina umana e veterinaria, settore agroalimentare, ambiente, ricerca e comunicazione, economia e altre) che operano, a livello locale, nazionale e globale, con la consapevolezza che viviamo all’interno di un sistema di cui fanno parte persone, animali, piante, e che quindi esista una salute unica per gli umani, gli animali e l’ambiente descrivibile come un sistema circolare e integrato. Non ci sono quindi soltanto gli individui e le comunità, non c’è solo la specie umana da preservare: la salute del pianeta e di tutti i suoi abitanti deve avere pari dignità se si vuole creare un ecosistema sostenibile, resiliente e durevole. La visione olistica di One Health rappresenta un modello per proteggere e promuovere la salute delle popolazioni basato sull’integrazione tra biologia umana, ambiente, stile di vita e organizzazione sanitaria. I microbi rappresentano gli anelli di congiunzione tra mondi apparentemente separati: la salute umana, la salute animale e la non salubrità, dell’ambiente. La pandemia da Coronavirus rappresenta un esempio delle connessioni tra salute umana, animale e salute dell’ecosistema e di come l’uomo stia invadendo habitat naturali che non gli appartengono. Tutte le attività umane che causano una perdita di biodiversità – cambiamenti nell’uso del territorio, agricoltura e allevamenti intensivi, commercio e consumo di animali selvatici aumentano il contatto tra la fauna selvatica e gli animali allevati e quindi tra potenziali agenti patogeni e le persone. L’interdisciplinarietà, la sostenibilità e l’interdipendenza costituiscono le parole chiave del modello della salute circolare. Non solo quindi sinergia tra il mondo della medicina veterinaria, medicina umana e dell’ecologia, ma anche collaborazione con le scienze sociali e umanistiche, le scienze fisiche e le scienze della vita. Cercando di sfruttare tutte le opportunità che i big data e l’intelligenza artificiale (IA) possono offrirci nel monitorare costantemente parametri ambientali come temperatura e umidità, sapendo, per esempio, che malattie trasmesse da vettori quali la malaria e il dengue aumentano con l’aumentare di queste due variabili. Con le analisi sui big data possiamo poi misurare il livello delle polveri sottili, l’indice UV, la presenza di pollini, la forza degli uragani, il riscaldamento del mare e lo scioglimento dei ghiacciai. A questi si aggiungono grandi moli di dati individuali e collettivi e quelli pubblici e privati, gestibili mediante sofisticati sistemi di analisi statistica e con l’aiuto di supercomputer, molto utili nel processo di decision-making nei campi della diagnosi, terapia clinica e salute pubblica ma anche nelle aree della sorveglianza, riorganizzazione degli interventi e dei servizi medico-chirurgici, monitoraggio e gestione dei pazienti. In conclusione, il modello One Health supera la concezione puramente biomedica della salute (prevenzione, cura, riabilitazione, inclusi farmaci efficaci e vaccini protettivi), e può essere quindi raffigurato come una sfera, in cui ogni componente si integra con le altre e i fattori per ridurre, per esempio, il rischio di nuove pandemie sono gli stessi che occorrono per tutelare la biodiversità. Ciò richiede un nuovo modo di pensare e di agire anche della cooperazione internazionale e, a seconda del problema da affrontare, ciò vuol dire migliorare i livelli di coordinamento, cooperazione e integrazione delle misure da intraprendere, in ogni sfera sociale: dall’agricoltura alla scienza, dalla formazione alla politica, dall’informazione alla economia, con il fine ultimo e unico di promuovere lo sviluppo e proteggere e migliorare la salute individuale e collettiva.